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Riforme
inutili La scuola priva dell’eguaglianza In
un servizio del tg di Sky fra le madri che vanno a prendere i figli a scuola,
abbiamo ascoltato una di loro dire che la riforma appena promossa dal governo
non serve a niente. Semplicemente la scuola andrebbe chiusa. Alla domanda da
dove ripartire, la donna ha risposto che bisogna semplicemente portare i
figli all’estero. Per un’affermazione del genere, espressa senza una qualche
intenzionalità politica, come crederebbe subito il ministro Giannini,
convinta che la sua riforma sia perfetta, abbiamo avuto l’impressione di una
situazione arrivata allo stremo. In effetti di
riforme della scuola, più o meno, i genitori ne vedono una a legislatura e
pure i problemi della scuola aumentano, non diminuiscono. Ora c’è chi si è
lamentato per uno sciopero dei docenti fatto ad hoc
proprio sui test Invalsi, le prove attraverso cui lo Stato vorrebbe valutare
i livelli di apprendimento e dunque la qualità dell’insegnamento. Perché mai
la decisione di fissare lo sciopero proprio in questa giornata? Ma perché
nessuno li prende sul serio questi test, sono
considerati da alunni genitori e docenti, del tutto inutili. Abbiamo sentito
una madre chiedere di sottoporre i test ai docenti e non agli alunni, temendo
che si possa discriminare fra studenti più intelligenti rispetto agli altri,
quando semmai servirebbero insegnanti in grado di
gestire entrambi. Siamo stati tutti abituati all’idea dell’eguaglianza, ma
purtroppo già nella scuola dell’obbligo ci accorgiamo che non ce ne sia affatto e tutto sommato senza nemmeno bisogno di essere
testati. Possiamo discutere di tanti aspetti della riforma che possono
piacere o meno, come dei timori che anche i suoi
migliori obiettivi possano via via venir vanificati nel percorso
parlamentare. La delusione è nel vedere che manca una considerazione
generale, quale quella di cercare di dare strumenti adeguati a tutti e nello
stesso modo e per lo meno nei primi anni di studio. Questo non sarebbe un
livellamento, al contrario. Soprattutto aiuterebbe a credere che lo Stato non
voglia avere alunni di serie a e di serie b, alcuni con maggiori risorse,
altri con scarsissime, quasi che alla classe dirigente del paese si
appartenga per nascita come ai tempi dell’Ancien Règime e non per capacità,
come dovrebbe essere in Repubblica. Roma, 6 Maggio 2015 |
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